"ARTE PER LA VITA"

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RASSEGNA DI PITTURA E MOSTRA ITINERANTE PER GIOVANI STUDENTI ACCADEMIE BELLE ARTI ITALIANE

venerdì 22 maggio 2015

Recensione del libro di Giampiero Maccioni "vi darò un cuore nuovo"di Giampiero Maccioni

Io. trapiantato di cuore da circa 18 anni ho scritto un libro nel 2007 “vi darò un cuore nuovo” e vi propongo questa recensione.
“Vi darò un cuore nuovo” – il Libro verità di Giampiero Maccioni, presentato da Antonio Maria Masia e a seguire Dibattito, coordinato dal giornalista Caporedattore di Panorama Fabrizio Paladini sul tema, trapianto e donazione di organi, con il Prof. Carlo Umberto Casciani, Presidente Agenzia Trapianti Lazio, Aureliana Iacoboni Russo, Presidente Associazione Marta Russo, Prof. Poerio, in rappresentanza del Sindaco di Roma,
Venerdì 13/2/2009 – Gremio 
Cari amiche e cari amici,
sino a pochi giorni fa il mio compito odierno, in qualità di VicePresidente dell’Associazione dei Sardi di Roma “Il Gremio” che ha organizzato curato ed ospitato l’evento, era quello di introdurre questo incontro e di coordinarlo. Quasi facile.
Il libro lo doveva presentare l’amico Angelo Cerchi, ottimo scrittore e poeta, che ha visto nascere e ha seguito l’opera letteraria di Giampiero e l’ha recensita, come si può leggere in prefazione. Ma Angelo Cerchi oggi non c’è, causa imprevisti ed improvvisi impegni, ed allora Giampiero che fa? Mi dice: presentalo tu.
Di questo surplus di impegno un po’ lo rimprovero ed un po’ di più gli sono grato, perché fortunatamente mi ha “costretto” ad una lettura completa ed approfondita del libro. E l’esperienza ed il piacere che ne ho tratto mi inducono in definitiva a ringraziarlo.
Il libro è veramente interessante, piacevole da leggere, malgrado il tema, e soprattutto è istruttivo. E sotto questo aspetto di grande impatto ed efficacia.
A tutti prima o poi capita o è capitato una qualche esigenza di salute con ricovero e degenza ospedaliera o direttamente o tramite amici, o familiari. Di diversa entità e gravità. Non importa. Conta analizzare e trarre insegnamento da quelle esperienze.
Ed è in questo fondamentale aspetto che ci aiuta il lavoro letterario di Giampiero e la sua vita raccontata attraverso il libro di cui oggi parliamo.
Conta assumere dalle pagine la testimonianza ed i messaggi espliciti ed impliciti che le stesse contengono.
Un libro di coraggio e per necessità, dice poeticamente Angelo Cerchi in prefazione, con all’interno impreziosito da dei bellissimi e delicati carboncini che ritraggono la Via Crucis di Cristo, disegnati dal fratello di Angelo, bravissimo artista, Stefano Cerchi.
Giampiero l’ha concepito non certo per pretese letterarie, come lui stesso confessa, o per intraprendere il percorso dello scrittore, ma solo ed esclusivamente per rendere a se stesso, alla sua famiglia, ed a noi tutti una TESTIMONIANZA, una VERITA’. Per indurci in riflessioni e valutazioni intorno al problema della salute, del trapianto e della donazione di organi. E comunque mi fa piacere dire che, malgrado la “non pretesa letteraria”, dalla scrittura emergono all’attenzione del lettore delle avvincenti pagine che danno autentica emozione e coinvolgimento in una vicenda personale e familiare, che alla fine diventa anche nostra.
Così tutta la lettura, dalla prima all’ultima pagina, è scandita da un ritmo del racconto vero e proprio, quasi del romanzo, tanto da non accorgersi che si tratta di autobiografia, persino nei particolari, tanto da non dare peso a tabelle, a nomi strani di medicine, di pratiche mediche, di terapie particolari leggere o invasive, di protocolli, tanto da assorbire con affettuosità il termine stesso della sua malattia: cardiomiopatia ipertrofica di carattere familiare.
Si legge, pagina dopo pagina, quasi d’un fiato, in attesa del finale, quasi in attesa di un risposta liberatoria ad dramma che ci coinvolge, malgrado se ne conosca di fatto l’esito: eccolo quà il trapiantato che ora sta bene, l’ex cuore ferito, che con immutata passione si tuffa, come sempre come da giovane e da adulto, in disinteressate attività frenetiche di carattere sociale, solidale e culturale, 
Un libro verità che contiene un messaggio di speranza, ma anche, quando occorre, una testimonianza pacata e severa di carenze organizzative e strutturali del servizio sanitario, sofferte specie da chi sta “dalla parte di Abele”, dei più poveri. Giampiero non nasconde mai le lacune di sistema che incontra nel corso della sua via crucis , le denuncia, reagisce, e contribuisce ad apportare, nel suo piccolo, dei significativi correttivi. Reagisce sempre con spirito costruttivo. Controllato, anche quando la rabbia vorrebbe esplodere.
Quanta attualità in questo libro! I tempi della Vita e i Tempi della Morte: non possiamo non andare con il pensiero alla vicenda di Eluana Englaro ed alle domande che quella drammatica vicenda ha poste e pone alle nostre coscienze! 
Giampiero, lo troviamo nel libro, va avanti nel suo percorso obbligato di dolore e sofferenze sorretto da alcuni sentimenti forti, che ritrova sempre, anche nei momenti peggiori, di maggiore sconforto, di crisi esistenziale quando i pensieri di morte quasi sembrano travolgerlo, quando il suo cuore matto fibrilla impazzito, terremotandogli il petto con fitte di dolore e nausea.
Alcuni sentimenti forti, che nel suo caso si rivelano vincenti: 
-La FEDE in Dio, ma anche negli uomini, che ritrova sempre anche dopo piccoli smarrimenti nella lettura di alcuni testi, Sant’Agostino e San Paolo, “Dalla Parte di Abele” del grande intellettuale e giornalista , Raniero La Valle, “Scommessa sulla Morte” di Vittorio Messori, l’ autore di uno stupendo ed inarrivabile libro su Gesù, “Aggredisci il Futuro” un saggio sull’importanza di imporsi obiettivi e finalità di progresso e sviluppo. In Dio e negli uomini: si affida ai suoi medici e fra questi il cardiochirurgo Alessandro Ricchi che gli fa il trapianto e
del quale è doveroso parlare più avanti, ed agli amici che gli sono da grande conforto.
– La FAMIGLIA, il ricordo dei suoi vecchi, il nonno Nicolò nella sua casa di campagna di cui con rapide e appropriate pennellate descrive natura, vegetazione e ambiente , la memoria struggente per un padre, lavoratore nelle miniere della sua Iglesias, come poi farà anche lui, da tecnico minerario, agli inizi della sua brillante carriera. Padre scomparso, quando lui ha appena 18 mesi, prematuramente a soli 37 anni, tradito dal suo cuore (miocardite acuta nella notte di San Silvestro del 43). La madre, i fratelli, la moglie Rosella che lui definisce con dolcezza, “preoccupata ma mai triste”, le figlie , la nipotina Sara. La famiglia: la sua ancora di salvezza, la sua oasi di riposo, di confidenza e di sollievo.
– La sua DETERMINAZIONE, il suo CORAGGIO , ad affrontare il tutto con ansia e timore che poi riesce a controllare e dominare. Imponendosi metodo, meticolosità e capacità di gestire il suo problema ed il suo male, diventando lui l’infermiere primario di se stesso e collaboratore “ad honorem” dei suoi medici, a volte contrastandoli sommessamente e positivamente. 
E con questi sentimenti ci fa percorrere la sua odissea:
– I primi timori , le prime fitte al petto, scambiate forse volutamente, per allontanare il pensiero dell’esito paterno, con spasmi intercostali.
– I primi inevitabili controlli inizialmente a Iglesias e poi a Cagliari. I primi tentativi di cura. Ma poi i dolori si ripetono, ad intervalli, intersecandosi ed interferendo con la già attivissima vita professionale e familiare del giovane Giampiero, che prosegue gli studi, assume ruolo di maggiore responsabilità professionale , e poi si sposa con Rossella e poi ha due figlie ed inizia ad impegnarsi fortemente anche nella politica e nel sociale, Azione Cattolica, cultura, solidarietà.
-Ma a 31 anni nel 1973 (mentre la moglie è in attesa della terza figlia) ecco il primo ricovero al Brotzu di Cagliari.
E a questo punto varrà veramente la pena di leggere le pagine che descrivono con emozione e attenzione le impressioni ambientali ed umane che inevitabilmente ti colpiscono quando con dolore e timore entri in ospedale da malato. Non mancano rilievi critici, diffidenze, il non facile rapporti con i medici ed il personale di allora, poco propenso ad avere con pazienti e familiari un rapporto che non fosse spesso di supponenza, algida professionalità e mancanza di trasparenza e di relazione.
Da qui il rifiuto iniziale che durerà per altri 15 anni ad avere analisi e procedure invasive, che però sarà necessario fare anni dopo.
Seguono a questo primo ricovero anni di relativa serenità, e di attività professionale frenetica e gravosa, mai disgiunta dall’associazionismo e dal volontariato. Fonda e ne diventa primo Presidente il Consorzio Industriale di Iglesias.
Ma.. il suo cuore “nemico” è sempre in agguato, non lo lascia sereno, e così ecco episodi di ipertensione, fibrillazione e quindi paura, sconcerto e momenti di cupo pessimismo.
Nell’88 a 46 anni il cuore matto lo costringe al 2° ricovero: diagnosi certa, terapie complicate con farmaci sempre più aggiornati, ma invasivi.
E già iniziano a fargli intravedere una soluzione, che Giampiero inizialmente rifugge: IL TRAPIANTO.
Di grande intensità ed efficacia il confronto che Giampiero ci suggerisce fra le caverne e gli anfratti e gli angoli del suo cuore che vede riflesse nel monitor, mentre una sonda d’analisi lo percorre, con le sue miniere.
Da malato di cuore, ma attivissimo osservatore ed operatore professionale, impegnato nel sociale, interviene e scrive: particolarmente interessanti le sue note all’Asl di Iglesias a proposito di disfunzioni rilevate in ospedale sull’igiene, sui bagni, sui pasti, e sui rumori o meglio sul non silenzio in certe situazioni. Sempre accompagnate da proposte.
E non si può sfuggire all’incalzare degli avvenimenti, alla scansione emozionale del tempo di Giampiero.
– Nel 93 va in pensione dopo aver raggiunto apicali livelli professionali, ma continua, anzi incrementa il suo impegno nel volontariato.
– Nel 95 accusa il 1° gravissimo scompenso cardiaco a causa dell’ispessimento delle pareti cardiache che lo costringe ad una brusca interruzione delle sue numerose attività , che sono state, conclude sconsolato temendo di non poterle proseguire : il motivo della mia esistenza.
– Ed ecco avanzare nella mente di Giampiero l’angoscia della morte, il panico, la preoccupazione per la famiglia, la rottura traumatica con le sue cose. Ecco la crisi seppure appena accennata della fede.
– Ma sopravviene fortunatamente l’incontro e il colloquio con i vicini di letto anche loro sofferenti, con medici all’altezza con i quali instaura un proficuo rapporto di “partecipato e condiviso dialogo che coinvolge anche la famiglia. Un esempio di comunicazione positiva tra medico e paziente in un momento così difficile della mia vita, che costituisce uno dei numerosi punti di forza della mia esperienza, scrive Giampiero.
– Ormai seppure non ancora accettato, il percorso che lo dovrà portare al trapianto, appare inevitabile, e dopo un non breve periodo di assoluto monitoraggio e auto-monitoraggio ( con una valigetta 24 ore piena di piccoli attrezzature sanitarie e di farmaci che lo accompagnano dappertutto) arriva il tempo della grande decisione.
– Si alternano ancora momenti di apparente serenità familiare, l’impegno rinnovato in Azione Cattolica, la laurea di Cecilia della figlia, che lo fa stare “con il cuore in gola”, quando va in Università ad assistere alla tesi, “che gli gonfia il cuore di gioia”, per l’esito migliore possibile. 
A questo punto voglio rilevare un’ atteggiamento di scrittura e penso anche di carattere di Giampiero che, al contrario di chi non ha il suo problema di salute , parla, racconta e scrive del cuore non negli abituali termini poetici, quale sede di emozioni e sentimenti, del tipo: ti ringrazio di cuore, ti parlo con il cuore in mano, cuore innamorato, cuore freddo, cuore ferito e così via. No, Giampiero, a parte le espressioni che abbiamo visto per la laurea di Cecilia, cita il cuore come organo vitale ed essenziale del corpo, come motore che invecchia, che vibra e che fa le bizze, ma non lo coinvolge quasi mai nei sentimenti. Ricorre in alternativa all’ anima, o all’animo, alla mente: la mia anima aveva ritrovato un intenso e profondo momento….si riempi di gioia il mio animo,…”nella mia mente pensieri di…. 
– Ma ormai il dado è tratto ci ricorda Giampiero, dopo un confronto tenero e delicato con la moglie e le figlie, con i medici ed alcuni suoi cari amici: la decisione per iscriversi ad una lista d’attesa è presa. Con timore e paura che piano- piano si sciolgono in una rassegnata e serena predisposizione d’animo. Ecco la decisione di “aprirsi una finestra sulla vita”
Anche per prenotarsi a ricevere un “DONO” per la rinascita sperata, per la desiderata resurrezione occorre maturare e valutare una drammatica decisione. Ecco un’altra importante riflessione da non sottovalutare che Giampiero impone alle nostre coscienze. 
-Da quel momento in lui un’attesa febbrile e terribile perché quel DONO è comunque legato inevitabilmente a situazioni ed imprevisti che non dipendono dalla sua volontà. Giampiero sa che la sua eventuale nuova vita dovrà passare dalla fine di un’altra vita, a lui sconosciuta. Vita-Morte. Morte-Vita. Ossimori e Sorelle. Nessuna delle due può essere espunta dalle nostre sorti. Ma al DONO provvederanno il Signore e gli uomini di buona volontà.
– Da quel momento non solo l’attesa di una chiamata, ma anche l’innata curiosità di ancor più approfondire, studiare, entrare nel mondo degli ospedali, dei malati della sanità.
Analisi e riflessioni che poi ritroviamo in questo libro. 
– La necessità di interventi psicologici per lui e per la famiglia, per sopportare l’attesa, lunga intercalata da crisi cardiache e da passi sempre più “tardi e lenti”, e da impossibilità di salire i gradini.
– Ma ecco infine l’avverarsi del Dono, grazie alla generosità di una famiglia di Lanusei, sconosciuta fino ad 8 anni dopo il trapianto, che d’impeto, nel momento del grande ed indescrivibile dolore, per la perdita del loro figlio di 19, schiantatosi con la sua moto, dice, anzi grida SI alla donazione degli organi del loro Roberto. Che vanno a salvatore 4 vite in attesa di rinascere.
– Il cuore ragazzo dello sconosciuto e sfortunato Roberto nell’ottobre del 96 va nel petto adulto di Giampiero. 54 anni ridotti in 52 Kg di peso, che si affidano completamente alle mani fatate del cardiochirurgo generoso e amato, Alessandro Ricchi del Brotzu di Cagliari, che compie il miracolo. Facendo ripartire “il nuovo motore al primo colpo”.
– Commovente il successivo contatto con la famiglia del donatore, 8 anni dopo, quando Giampiero, rinato a nuova vita ed ancora di più impegnato nel sociale ( fonda, anche su sollecitazione del Dr Ricchi, assieme ad altri trapiantati, nel 98 l’Associazione Sarda Trapianti e ne diventa Presidente), riesce a conoscerne le generalità.
– Ad una sua commovente e riconoscente lettera scritta alla famiglia di Roberto risponde con grande umanità e affetto la sorella del ragazzo, Susanna Cuboni: la donazione degli organi è un gesto d’amore fatto in un momento di profondo dolore, e proprio per questo acquista più valore perché dà speranza a chi non ha più possibilità di vita.
Parole assolutamente da condividere con tutto l’amore di cui disponiamo e da diffondere. 
– Giampiero prosegue la sua riabilitazione nella serenità della sua casa e con l’aiuto di parenti e amici. Non mancano altri problemi, ma la temuta crisi di rigetto non ci sarà.
– In quel momento nasce la voglia di continuare, con rinnovato vigore, il suo impegno nel sociale, la sua determinazione ad operare nell’ambito della solidarietà. La decisione di mettere la sua esperienza a disposizione di tutti, di mettersi in piazza per portare una parola, una pagina, un libro e un dibattito, in questo caso, a favore degli altri, di chi soffre e di chi vuole conoscere. Dalla parte di Abele. Per non tenere dentro il suo cuore, gelosamente ma aridamente custodita la sua esperienza, lo apre generosamente al prossimo, a tutti.
– Lo fa anche per onorare la memoria del suo grande chirurgo Alessandro Ricchi che con la sua equipe, il 24 febbraio del 2004, all’interno di un piccolo aereo si schianta contro la rupe dei monti dei Sette Fratelli, accanto ad un cespuglio di mirto e macchia mediterranea. Mentre trasportava un organo dal San Camillo di Roma da impiantare ad un paziente, in attesa al Brotzu di Cagliari.
Con la pianta e il fiore del mirto, del mirto profumato e generoso della nostra Sardegna, Giampiero ha segnato e caratterizzato la sua Associazione Sarda Trapianti. 
Non mi resta che dirti da tutti noi GRAZIE di CUORE, Giampiero, per questa bella e importante testimonianza che ci lasci e per il prezioso insegnamento.
(Antonio Maria Masia)